BIRRA E MUSICA, LE CHIESE INGLESI SI CONVERTONO IN PUB

Foto: La Repubblica

Musica pop e pinte di Guinness. Automobili in vetrina, pronte a essere acquistate. E’ l’altra faccia delle chiese della Gran Bretagna. Complici l’allontanamento progressivo dalla religione, soprattutto per quel che riguarda le confessioni ‘minori’ come il presbiterianesimo, e l’aumento dei costi di mantenimento, numerosi edifici religiosi si sono trasformati in attività commerciali, tra cui i pub, e appartamenti.

Molto celebre è diventata, ad esempio, la chiesa presbiteriana di Muswell Hill, nel nord di Londra, diventata un pub. L’esterno è rimasto com’era. Gli imponenti archi gotici restano al loro posto, ma l’altare ha lasciato spazio a un bar e le panche su cui sedevano i fedeli sono stati sostituiti da sgabelli e slot machines.
“Se fosse una chiesa ci sarebbero solo due o tre persone qui, ma il venerdì e il sabato è pieno” è il commento di John Earl, di professione operaio edile, che ha aggiunto: “E’ strano. Sento che devo rispettare questo posto”.

La trasformazione degli edifici, dove viene adorata la birra invece del crocifisso, ha fatto molto parlare di sé. Ci sono regole da rispettare per la conversione degli immobili religiosi, che possono essere venduti solo dopo l’approvazione della futura destinazione d’utilizzo da parte del comitato ecclesiastico. “Le Chiese non possono essere utilizzate per sexy shop, locali da gioco e cose del genere” ha chiarito il responsabile del Church of England’s Closed Churches Team Jeremy Tipping.
Ma la fantasia, di certo, non è mancata. A Bristol, per fare un esempio, un luogo sacro è stato trasformato in una scuola circense, a Manchester in un centro di arrampicata. La trasformazione in ville sembra essere il destino più comune.

Sono numerosi i credenti che si dicono delusi e disapprovano la conversione di tante chiese britanniche. “E’ profondamente inadeguato e offensivo per un sacco di cattolici” ha sentenziato Sophie Andreae, della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Inghilterra e Galles”.

di Rosa Anna Buonomo

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